La sentenza 3255/21 della Cassazione riporta sotto i riflettori il tema della videosorveglianza sul lavoro. Il caso riguarda il titolare di un’attività commerciale, recentemente condannato per aver installato delle telecamere senza l’accordo con le rappresentanze sindacali e senza l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. Il reato prefigurato è descritto all’art. 4 della Legge 300 del 20 maggio 1970: “E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori“.

L’imprenditore ha impugnato il provvedimento e presentato ricorso, dichiarando non configurabile il reato per due diversi motivi:

  1. Gli impianti di videosorveglianza sul lavoro non erano stati installati per controllare l’attività dei dipendenti, ma per tutelare il patrimonio aziendale a seguito di alcuni ammanchi di merce nel magazzino;
  2. Come dichiarato in una testimonianza, le telecamere erano puntate solo sugli scaffali e sulla cassa, situazione non accertata, ma che escluderebbe l’ipotesi di un controllo non occasionale dei lavoratori.

Il presupposto della sentenza della Cassazione, basato su una precedente decisione, è che i controlli diretti ad accertare condotte illecite dei dipendenti siano esclusi dall’ambito di applicazione dello Statuto dei Lavoratori, soprattutto se disposti dopo il verificarsi degli ammanchi. Viene richiamata inoltre la necessità di un giusto equilibrio fra il diritto alla dignità e libertà del lavoratore nell’esercizio delle sue funzioni e il diritto al libero esercizio dell’attività imprenditoriale.  A sostegno di questo orientamento la Cassazione ha dichiarato che sarebbe illogico garantire al dipendente – in presenza di condotte illecite penalmente rilevanti – una tutela maggiore di quella riservata a soggetti estranei all’azienda.

La Corte ha evidenziato inoltre come non fosse mai stata verificata la testimonianza secondo la quale le telecamere erano rivolte solo verso la cassa e le scaffalature, né appurato se l’impianto comportasse effettivamente un controllo non occasionale dell’attività lavorativa. In conseguenza di quanto rilevato, la sentenza impugnata è stata annullata e rinviata per nuovo giudizio, con indicazione a carico del giudice del rinvio di compiere tutti gli accertamenti precedentemente trascurati.

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